Il D. Lgs 231/2001 e le squadre sportive
La necessità per le squadre sportive di adottare il modello di organizzazione e gestione per evitare le sanzioni previste dal D. Lgs. 231/2001
Partiamo dal presupposto che i reati per i quali una società, comprese quelle sportive, potrebbe andare incontro ad una responsabilità ai sensi del D. Lgs. 231/2001 sono molteplici ed eterogenei, ma comunque individuati dal legislatore proprio perché, nella maggior parte dei casi, essi possono verificarsi in un contesto aziendale.
Tra di essi vi sono i reati contro la Pubblica Amministrazione, come la corruzione, e quelli societari, come il “falso in bilancio” e la corruzione tra privati. Di grande rilievo risultano anche i reati di lesioni o omicidio colposo, come conseguenza della violazione delle norme in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro di cui al D. Lgs. 81/2008, e quelli di riciclaggio e di impiego di lavoratori extracomunitari il cui soggiorno sia irregolare.
Tuttavia, con la L. 39/2019 è stata inserita nel D. Lgs. 231/2001 una nuova categoria di reati all’art. 25 quaterdecies: quelli di frode in competizioni sportive o di scommessa e giochi d’azzardo a mezzo di apparecchi vietati, previsti dagli artt. 1 e 4 della L. 13 dicembre 1989 n. 401.
Il reato di frode in competizioni sportive punisce la condotta di chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dall’Unione italiana per l’incremento delle razze equine (UNIRE) o da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni ad essi aderenti, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione.
La predetta fattispecie punisce inoltre il partecipante alla competizione che accetta il denaro o altra utilità o vantaggio, o ne accoglie la promessa.
La pena, con particolare riferimento all’ipotesi in cui il risultato della competizione influenzata dalle condotte sopra descritte sia influente, ai fini dello svolgimento di concorsi pronostici e scommesse regolarmente esercitati, può arrivare fino a nove anni di reclusione, unitamente ad una multa fino ad euro 100.000.
Si tratta di una fattispecie penalistica principalmente rivolta a coloro che svolgono delle attività, principali o secondarie, nell’ambito dello sport: dagli atleti ai dirigenti di enti sportivi.
Con tale disciplina il legislatore, probabilmente a seguito dei noti scandali che avevano caratterizzato lo sport negli anni ottanta, voleva prevenire quelle condotte, rientranti nella categoria della “corruzione”, volte ad influenzare i risultati sportivi, con danno, non solo per i partecipanti alle competizioni, ma anche per coloro i quali partecipavano ai “concorsi” ove le vincite dipendevano dai predetti risultati sportivi, come il totocalcio.
Il reato di scommessa e giochi d’azzardo a mezzo di apparecchi vietati punisce invece coloro i quali organizzano, promuovono o, semplicemente, partecipano ad attività di gioco o scommessa non autorizzati, quindi “clandestini”.
Questa fattispecie, la cui pena può arrivare sino a sei anni di reclusione unitamente ad una multa fino a euro 50.000,00, punisce sia quelle condotte di gioco e scommessa inerenti le competizioni sportive, così da collegarsi a quelle punite dalla norma precedentemente citata, sia quelle attività “clandestine” di gioco esercitate in violazione di quanto previsto da leggi e regolamenti specifici dell’ambito.
In caso di commissione di uno dei reati sopra descritti nell’ambito di una squadra sportiva, questa potrebbe ricevere una sanzione pecuniaria fino a euro 774.500,00 ed una sanzione interdittiva non inferiore ad un anno.
Ai sensi dell’art. 9 comma 2 D. Lgs. 231/2001 le sanzioni interdittive che possono conseguire ad una condanna sono: (i) interdizione dall’esercizio dell’attività svolta dalla società; (ii) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; (iii) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; (iv) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; (v) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Quella che maggiormente potrebbe trovare applicazione ed arrecare notevole danno potrebbe essere la sospensione dall’attività svolta dalla società.
Una società sportiva che venisse condannata a tale sanzione, che come stabilito dall’art. 25 queterdecies, dovrebbe durare per almeno un anno, non potrebbe svolgere l’attività di cui al proprio oggetto sociale, ovvero partecipare alle competizioni sportive. La società, quindi, non potrebbe iscriversi al campionato a cui dovrebbe partecipare secondo i risultati sportivi dell’anno precedente.
L’effetto della condanna per una società sportiva ai sensi del D. Lgs. 231/2001 potrebbe essere quello di “perdere il proprio posto” nel campionato a cui partecipa!
E’ dunque strettamente necessario adeguarsi alla nuova normativa, così da evitare conseguenze sanzionatorie che mettano in pericolo i successi sportivi di una società.
A ciò si aggiunga che l’adozione dei modelli di organizzazione e gestione ai sensi del D. Lgs. 231/2001 vengono considerati emblema di virtù nella gestione societaria e ciò può rappresentare un grande vantaggio qualora si partecipi a bandi pubblici per l’erogazione di aiuti e finanziamenti.